

Tutti sappiamo come alcuni colori abbiano un’influenza emotiva su ciascuno di noi e possano suggestionare positivamente o negativamente il nostro stato d’animo. I colori, oltre ad avere una forte connotazione simbolica, possono cambiare drasticamente il nostro aspetto. E qui comincia il lavoro del Consulente.
Ma prima scopriamo qualcosa di più…
- Isaac Newton
- Johann Wolfgang von Goehte
- Michel E. Chevreul
- Albert Henry Munsell
- Johannes Itten
- Robert C. Dorr
- Suzanne Caygill
- Kathryn Kalisz
Il colore e la sua teoria sono stati affrontati nel corso della storia da più personalità di spicco. Potremmo scomodare Aristotele, ma cercherò di fare un viaggio nel tempo vagamente più contemporaneo (si fa per dire). Comincerò da Isaac Newton (quindi siamo catapultati nella seconda metà del ‘600, direi non esattamente ai giorni nostri). Egli, come notoriamente si sa, scopre la fisica dei colori attraverso un prisma che scompone la luce solare. I 7 colori (rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e viola) vengono delineati su una diagramma circolare.

1810 Arriva il grande letterato Goethe, il quale, alla concezione più razionale e scientifica, ne preferisce la percezione soggettiva e psicologica, pubblicando la sua Teoria dei Colori. D’altronde il suo approccio personale all’arte e alla scrittura è notoriamente emozionale (chissà se un docente di letteratura apprezzerebbe la mia analisi semplicistica).
Sturm und Drang a parte, siamo tutti concordi nel sostenere che ogni colore trasmetta un’esperienza differente, toccando note d’animo assolutamente personali.
Michel E. Chevreul, chimico, fu forse il primo consulente del colore (azzardiamo). Notò, per esempio, che i colori, se accostati, reagivano tra loro, creando una percezione differente rispetto alla vista di un singolo colore. Sviluppò la teoria del Contrasto Simultaneo. I suoi trattati sulla teoria della simultaneità e sui contrasti ebbero un impatto significativo sulle arti industriali e sulla corrente degli Impressionisti.
Facendo un saltone storico veloce per ragione di sintesi aggressiva (in realtà più artisti, filosofi e scienziati hanno studiato e creato nel tempo la struttura per una teoria del colore), giungiamo a fine ‘800 con Albert Henry Munsell, artista e professore di Boston. Egli teorizzò una tridimensionalità: organizzò i colori in base al TONO (l’attributo di un colore), VALORE (chiaro o scuro?), CROMA (quale livello di purezza?), gettando la base di fatto per i parametri fondamentali per identificare ogni colore dello spettro. Grazie a Munsell questo modello è utilizzato da molti tra noi del settore.

A questo punto dobbiamo nominare il grandissimo professore della Bauhaus e pittore espressionista Johannes Itten, il quale pubblica nel 1961 “The art of Color” (che ogni analista del colore che si rispetti ha letto). Egli, analizzando la temperatura di un colore (caldo o freddo?), si accorge di come alcune persone abbiano caratteristiche peculiari e sceglie di raggrupparle in 4 gruppi che corrispondono alle 4 stagioni: Primavera (caldo e di valore chiaro), Estate (freddo e di valore chiaro), Autunno (caldo e di valore scuro) e Inverno (freddo e di valore scuro). Notiamo che il caldo e il freddo non vengono associati alla temperatura ambientale ma si riferiscono alla temperatura dei colori.
Per merito, o per causa sua, ad oggi la maggioranza di noi operatori usa il metodo stagionale e soprattutto la sua mitica ruota cromatica.
Arrivano gli anni ‘30 e ‘40. Il cinema si accorge di quanto i colori possano caratterizzare maggiormente i personaggi di un film: far apparire stanchi, malati, forti, di migliore aspetto, evidenziare in generale caratteristiche fisiche in base al ruolo… Immaginiamo tutti che il cattivo della situazione non si vestirà mai in perfetta armonia con la sua Palette. Dorr si accorge che può sfruttare questo potenziale sia nel campo dell’industria cinematografica che nella cosmesi. Comprende che ci sia una differenza tra sovratono (lo strato della pelle superficiale, visibile) e sottotono (ciò che apparentemente non è visibile ma reagisce al colore). Quando un colore è della temperatura, del croma e del valore corretto, fa tutt’uno con la persona, mettendo in evidenza gli occhi e creando un effetto naturale.
Grazie a Dorr si sviluppano i primi sistemi di analisi del colore (Color Key System).

Le teorie dell’analisi dal punto di vista didattico, hanno il proprio massimo splendore negli anni ‘70 e ‘80. Si può dire quindi che la radice di questa disciplina da un punto di vista formale, è da attribuirsi agli Stati Uniti. Suzanne Caygill stilista americana, collaboratrice di Edith Head (niente di meno che la stilista di star hollywoodiane), già negli anni ‘50 rese popolare il concetto di analisi e psicologia del colore, creando singole palette per i propri clienti. Il suo contributo è legato fortemente alla personalità, alla morfologia, partendo dalla pura teoria di Itten sviluppa sottocategorie partendo dal sistema stagionale.
Le sue apparizioni televisive resero popolare la disciplina proprio negli anni ‘80 e possiamo considerarla una pioniera eccezionale nella professione di analisi (la sua scuola di pensiero è tutt’oggi da considerarsi nell’Olimpo dei Consulenti).
Anni ‘70 Bernice Kentner, fondatrice di Color Me Season, sostiene che sia la pelle a comandare. Interessante il suo trattato sullo studio dei pattern degli occhi, qualità curiosa da esaminare in sede di Analisi. Non si afferma assolutamente che l’osservazione della sclera determini il sottotono della persona, ma valuta alcune specifiche tipiche stagionali attraverso lo studio dell’iride (da: “A Rainbow in your eyes”).
Sempre in quel periodo Color Me Beautiful di Carole Jackson contribuì alla popolarità della materia nel 1980. Il libro diventa un fenomeno popolare generando ulteriori seguiti letterari. La Jackson semplifica il sistema della Caygill, utilizzando 4 stagioni, rendendo la disciplina di facile accesso (puntando alle vendite massive, il che dal mio punto di vista può essere positivo e negativo) …
Mary Spillane e Catherine Sherlock estendono la disciplina a 12 categorie nel ‘92 (grazie!)
2000 Kathryn Kalisz, esperta Master nell’azienda di Munsell già dagli anni ‘80, sviluppa il sistema Sci/Art sempre all’interno dell’approccio 12 stagioni, dando poi seguito a diverse correnti di pensiero e declinazioni nel campo dell’analisi del colore. La sua teoria si basa sui parametri di Munsell: croma, valore e temperatura. Il principio fondamentale della Sci/Art è ribadire che i colori debbano armonizzarsi con la persona, e per farlo sono necessari sia sensibilità artistica che metodo e rigore scientifico. Quando si ricerca la stagione occorre lavorare in modo “pulito” con determinati parametri: luce calibrata, ambiente neutro, operatore stesso neutralizzato (in senso cromatico naturalmente) in modo il risultato sia più accurato possibile.

L’analisi così pensata va oltre i colori naturali della nostra pelle, dei capelli, dell’incarnato. Ciò che conta è esclusivamente come reagisce il viso vicino a un colore (concordo in assoluto, giusto per sbilanciarmi).
Da qui in poi è storia contemporanea. Diversi autori hanno contribuito notevolmente alla crescita della settore (e chiedo venia se non li ho citati tutti), alcuni sono stati formati in prima persona tra questi pionieri citati, ne sono nati approcci con sfumature differenti, scuole di pensiero variopinte (per restare in tema) all’interno delle stessa accademie. Alcune tra queste scuole conservano tuttavia principi base piuttosto fedeli ai concetti dati in origine dai fondatori.
La cosa che preme è comprendere quanto sia seria questa disciplina e quanto sia fondamentale lo studio di questa complessa materia, al di là della scelta differente del sistema adottato da ciascun Consulente.